sabato 14 maggio 2011
Waiting for Godot
Critic Martin Esslin coined the term "Theatre of the Absurd" in his 1960 essay and, later, book of the same name. He related these plays based on a broad theme of absurdity, similar to the way Albert Camus uses the term in his 1942 essay, "The Myth of Sisyphus".[2] The Absurd in these plays takes the form of man’s reaction to a world apparently without meaning or man as a puppet controlled or menaced by an invisible outside force. Though the term is applied to a wide range of plays, some characteristics coincide in many of the plays: broad comedy, often similar to Vaudeville, mixed with horrific or tragic images; characters caught in hopeless situations forced to do repetitive or meaningless actions; dialogue full of clichés, wordplay, and nonsense; plots that are cyclical or absurdly expansive; either a parody or dismissal of realism and the concept of the "well-made play".
Il termine è stato coniato dal critico Martin Esslin, che ne fece il titolo di una sua pubblicazione del 1961: "The Theatre of the Absurd". Per Esslin il lavoro di questi autori consiste in una articolazione artistica del concetto filosofico di assurdità dell'esistenza, elaborato dagli autori dell'Esistenzialismo (si vedano le tesi di Jean-Paul Sartre negli anni '30 e quelle successive di Albert Camus nei romanzi, nel teatro e nella saggistica). Le caratteristiche peculiari del teatro dell'assurdo sono il deliberato abbandono di un costrutto drammaturgico razionale e il rifiuto del linguaggio logico-consequenziale. La struttura tradizionale (trama di eventi, concatenazione, scioglimento) viene rigettata e sostituita da un'alogica successione di eventi, legati fra loro da una labile ed effimera traccia (uno stato d'animo o un'emozione), apparentemente senza alcun significato. Il teatro dell'assurdo si caratterizza per dialoghi senza senso, ripetitivi e serrati, capaci di suscitare a volte il sorriso nonostante il senso tragico del dramma che stanno vivendo i personaggi.
Prof Manno
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